Diari giapponesi - 7 Ottobre 2007

Sapendo che il palazzo imperiale alla domenica era chiuso, ci siamo direttamente al castello di Nijo, redidenza degli Shogun, in particolare della famiglia Tokugawa. Racconta un aneddoto che l'autorità dello shogun sul Giappone fu manifesta a tutti il giorno che l'imperatore uscì dal palazzo imperiale per andare a trovare lo shogun nella sua dimora al castello di Nijo. Questo giusto per dare un'idea dell'importanza del luogo.


(Castello di Nijo, ingresso del complesso Ninomaru)

Il castello risale al 1601 e l'intero complesso dove sorge copre un'area di circa 28 ettari, tanto che si non si trova la giusta entrata, si deve fare un bel giro per arrivarci! La visita parte dall'edificio maggiore, chiamato Ninomaru, dove venivano svolte le principali funzioni politiche e venivano ricevuti ospiti e dignitari. E' quasi interamente costruito in legno di cipresso giapponese (Hinoki, vi ricorda qualcosa questo nome?) e decorato con foglia d'oro. Si accede da una grande porta detta Karamon, su cui spiccano decorazioni tipiche dell'iconografica classica giapponese: una tigre, un grago e due aironi, scolpiti nel legno e circondati da motivi ornamentali in oro.



(Sopra, la porta Karamon e sotto un particolare del portale "alla cinese".)


Il giardino è immenso e curatissimo, vi si possono scorgere veri aironi e carpe nel vari laghetti che lo punteggiano. L'interno è ricco di pitture su pannelli, di grande bellezza, create da una scuola tra le maggiori in Giappone, la scuola Kano.

Superata una spessa cerchia di mura interne si arriva al palazzo interno, detto Honmaru, residenza privata dello Shogun, che purtroppo abbiamo potuto visitare solo esternamente; siamo poi saliti su un bastione di guardia da cui abbiamo potuto fotografare l'intero castello.
Nella foto sotto alcuni padiglioni dell'Honmaru.

I piedi cominciavano a dare segni di cedimento, ma abbiamo deciso di muoverci subito verso il tempio Toji, indugiando quei pochi minuti necessari a visitare il mercatino di bancarelle interno al castello, dove abbiamo comprato dei ventagli per le nostre madri ed assaggiato qualche dolcetto tipico.

(panoramica della stazione Kyoto, original photo by JanneM)

Abbiamo mangiato qualcosa a Kyoto Eki, l'avvenieristica stazione centrale, dove abbiamo visitato anche il negozio a tema su Osamu Tezuka, originario del Kansai (ma non di Kyoto) ed omaggiato da due colonne informative poste in corrispondenza dell'entrata principale, una dedicata ad Atom (Astroboy), una a Leo (Kimba) e da molti altri elementi decorativi.


(Atom o Astroboy, uno dei personaggi più famosi di Osamu Tezuka, sotto l'ingresso della stazione)



Il tempio Toji


Sottovalutando un pò la stanchezza, ci siamo mossi verso il Toji, attraversando una zona un pò periferica e poco attraente della città, dove le sopraelevate appaiono in tutto il loro grigiore senza essere annegate dalle luci al neon e dai mille rumori della modernità. Avevamo qualche difficoltà ad orientarci, quando un signore dall'aria bizzarra, avendo udito la parola Toji, ci ha spiegato in inglese che lui era diretto lì per dipingere il paesaggio del tempio. Come scopriremo poi, i Giapponesi che hanno viaggiato sono molto più espansivi rispetto agli altri e cercano il dialogo nonappena sentono accenti europei, specie italiani e francesi, ma anche spagnoli.


L'uomo del Toji - così lo chiamerò - non era sicuro se fossimo italiani o spagnoli, ma fu ben felice di citare Leonardo, Michelangelo e Caravaggio appena ci rivelammo italiani. Essendo entrambi appassionati d'arte fu un piacere discutere con lui, il cui inglese era assai migliore di quello dei suoi conterranei grazie ad anni di permanenza negli USA. Ci raccontò che la grande pagonda a cinque ordini del Toji fu costruita senza chiodi, con una serie di travi ad incastro, ma che dopo alcuni secoli i chiodi furono aggiunti perchè la struttura stava collassando. Ci raccontò anche che il Toji è particolarmente amato dai cittadini di Kyoto, ma anche dalle persone di tutto il Kansai (lui è di Osaka).
Il complesso del Toji è molto vasto e come per altri templi buddisti, dotato di un enorme giardino in cui spiccano i numerosi laghetti costellati di fiori di loto e un grande ciliegio imbrigliato in un'armatura di canne (o "fieno" o altro materiale simile...). Il nome originale del Toji è Kyo-o-gokoku-ji ed è uno dei templi più antichi, risalente al 796. E pensare che ci si è tenuto uno dei concerti del Live Earth!!
Il più familiare "Toji" vuol dire semplicemente "tempio dell'est" , contrapposto allo scomparso Saiji, "tempio dell'Ovest", entrambi posti ai lati della porta Rashomon.
Il corpo centrale del tempio contiene numerose statue di divinità che il buddismo ha assorbito da altre religioni (induismo in particolare), tra cui le tre gigantesce statue dorate della Triade Yakushi. Intorno al loro altre 21 statue, disposte secondo un ordine ben preciso derivante dal buddismo esoterico.

Yakushi Nyorai, la grande statua centrale è detta il Buddha risanatore. In uno dei tempietti minori abbiamo potuto assistere brevemente ad un momento di preghiera, sebbene per rispetto abbiamo deciso di non indugiare.


Una cosa che finora ho forse omesso è il rituale all'ingresso dei tempi, a cui forse sarebbe necessario dedicare un intero post. E' una forma di purificazione che consiste nel lavarsi mano destra, sinistra e bocca con l'acqua che sgorga da una fontana dotata di piccoli recipienti adibiti a quest'uso. Noi di solito lavavamo le mani, visto che non tutti sembravano ritenere obbligatorio il lavaggio della bocca.

La fontana è spesso decorata da piccole statue di bronzo o pietra. Qui a sinistra una fontana del tempio Toji, sormontata da una statua di fiore di loto, pianta diffusissima nel tempio.




Alla chiusura del Toji siamo tornati in albergo, dove abbiamo riposato in attesa andare a Gion, quartiere frequentato dalle gieshe, o meglio dalle più visibili maiko, le allieve. Qui è iniziata una piccola odissea, perchè a Gion ci siamo un pò persi e la guida non era molto chiara sul percorso da seguire, così abbiamo visto poco di un quartiere tra i più tradizionale di Kyoto. Un pò stanchi e delusi abbiamo girato nella zona vicino al fiume Kamo, nella quale, in un breve tratto di strada si concentrava una gran massa di ragazzi più o meno anticonformisti, alcuni di loro un pò alticci, ma mai molesti. La foto della maiko nei dintorni del vicolo Potoncho è Francesco_G
Abbiamo infilato il vicolo Pontocho, famosissimo a Kyoto per i suoi locali, alcuni affacciati sul fiume, e abbiamo cercato un ristorante ma, esclusi quelli senza carta dei prezzi (garanzia di salasso in quella zona!), erano tutti strapieni. Abbiamo trovato comunque da mangiare a buon prezzo non troppo lontano da li; in un ristorantino raccolto ed abbastanza carino abbiamo preso del sashimi, della yakisoba (si vede che mi è piaciuta?) e degli assaggini di frutti di mare. Il sashimi è stato - ad eccezione del tonno e del salmone - una delusione: quasi insipido. La yakisoba una conferma, non posso farne a meno.

Sopra, una porzione con quattro varietà di sashimi: bella a vedersi... 
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About Andrea Castello

Time traveller, dev, Rory's dad, old surrealist guy from Sardegna, Italia
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