Diari giapponesi - 10 ottobre 2007 - Shibuya

Siamo arrivati alla stazione di Shibuya della Yamanote Line appena dopo il tramonto. Per dirigerci verso la famosa uscita di Hachiko bastava seguire lo sciame di adolescenti multicolori in libera uscita. Trovare la famosa e omonima statua, dedicata al cane del professor Hidesaburō Ueno, che attese il padrone alla stazione di Shibuya fino al giorno della propria morte, è stato un pò più difficile, attorniata com'era da decine di ragazzetti e ragazzette in attesa di amici o fidanzati. Il fatto, poi, che questa sia relegata in un angolo poco appariscente dello spiazzo antistante il colossale incrocio di Shibuya di fronte al Center Gai non aiuta di certo.
Mente scattavamo le foto di rito, una ragazza ci interrompe chiedendoci se abbiamo bisogno che ci scatti una foto. Sebbene fare foto a due tenendo la macchina ad un metro dalle nostre facce con braccio tremante non fosse in effetti il massimo della vita, c'era un altro motivo dietro la gentile offerta della signorina; infatti subito dopo aver scattato un paio di foto ci ha chiesto: "Siete italiani?"
Sebbene la cosa sappia molto di luogo comune, non sono pochi i giapponesi che, con italiani e francesi, compiono lo sforzo culturale di superare l'impasse della "molestia allo sconosciuto gaijin".
Alla nostra risposta affermativa, la sventurata chiese da quale città provenissimo. Provammo a prenderla alla larga dicendo che provenivamo dalla Sardegna ma la cosa, era prevedibile, generò il consueto ed imbarazzato, seppur breve, silenzio.
La nostra non si perse d'animo e ci elencò le città che che conosceva: Firenze, Roma e Venezia. Niente di male, neppure io conosco molto del Giappone aldilà di Tokyo, Kyoto e Kamakura. Non si poteva pretendere che lei conoscesse Cagliari. Ad ogni modo, ci congedammo da lei con una lunga serie di ringraziamenti ed una piccola reclàme in favore della nostra isola, finora appannaggio di pochi lungimiranti nipponici.

Dalla foto all'inizio del post e dai pochi secondi presi con la fotocamera all'uscita della stazione, potete farvi un'idea della folla che invade Shibuya ogni sera e del tripudio di luci che investe appena si esce dalla metropolitana.

Neppure Akihabara ha la stessa, luccicante varietà.

Dopo aver attraversato il mare in tempesta dello "scramble" dinanzi alla colossale facciata vitrea Q-Front, reso famoso fuori dai confini Giapponesi da "Lost in Translation", abbiamo tagliato lungo Center Gai, una delle vie più famosi per lo shopping giovanile, dove si possono incontrare le Gyaru e le loro controparti maschili, i Gyaru-o ("o" sta per otoko, uomo), nelle loro mille varanti, dalle Ganguro (photo by diabolikkitsuney)




alle Himegal (photo by !rc)

Ci sono almeno una ventina di differenti varianti di Gyaru e Gyaru-o, ciscuno con peculiarità precise quanto appariscenti.

Tra un negozio e l'altro, ci infiliamo prima da HMV (*), uno dei tanti super negozi di musica e film di Tokyo. HMV occupa sei piani ed è in realtà di origine inglese; è l'acronimo di His Master's Voice..."la voce del padrone"! Sia HMV che gli altri negozi simili non sono molto diversi dalle varie FNAC sparse per l'Europa, se si esclude l'ovvia e sterminata quantità di musica giapponese; da HMV c'era praticamente un piano dedicato al solo J-pop!
Notarella a margine: dentro questi mefistofelici centri commerciali il tempo va via come il rosso a capodanno, infatti, dopo oltre un'ora trascorsa a spulciare i dischi più bizzarri (e ad ascoltare a scrocco il meno originale - per un italiano - ultimo CD dei Foo Fighters) siamo risaliti verso l'edificio principale del 109 (Ichi-maru-kyu), megastore di riferimento per le Gyaru che stazionano a Shibuya.

Ci sono tante differenze culturali tra italiani e giapponesi, ma la concezione della moda è una delle più evidenti. Nonostante gli stilisti italiani e francesi siano i più ammirati (le borse di Louis Vuitton sono ovunque, e non sono contraffatte), il minimalismo è pressocché sconosciuto e, nell'entrare da 109 bisogna abbandonare ogni idea italiana sull'abbinamento dei colori e lo stile in generale. Questo è il mondo dove più si evidenzia la creatività giapponese nei pochi momenti in cui una persona giovane ha la possibilità di esprimersi (nell'età adulta questo spazio si ridimensiona drasticamente).

In un negozio al primo piano, comunque, Federica trova una camicia che le piace e chiede ad una commessa-gyaru di provarla, ma questa le dice che non è possibile. La interrompe una collega con un tono abbastanza severo, poi in inglese dice qualcosa come "no, lei può provarla".
Questa cosa ci ha lasciato abbastanza incuriositi. Perchè Fede poteva provare la camicia e "altre" no? E chi erano queste "altre"? Non lo so, ma una possibile risposta può essere che alcune gyaru hanno la nomea di curare poco l'igiene personale, sebbene questa sia solo una diceria.
Siamo usciti da 109 con la camicia di Fede ed un maglione nero leggero ed esageratamente lungo, che calzava a pennello ad uno dei pennelloni/commessi locali ma, ho idea, non altrettanto a me. Se pensate che i giapponesi siano bassi, cambierete idea ben presto (Photo by jpellgen). Dopo qualche passo in Dogenzaka, siamo tornati indietro verso Center Gai e - dopo aver abbandonato l'idea di mangiare nell'affollatissimo Starbucks del Q-front ci siamo infilati in una stradetta laterale, dove abbiamo mangiato in una panetteria danese dove abbiamo potuto dare un'occhiata tranquilla al flusso incessante della gente a Shibuya.

Un'ultima cosa mi ha lasciato perplesso. I due personaggi al margine sinistro della foto (quelli dal look curato dalla versione sotto acido di Jack Sparrow) non facevano altro che fermare le ragazze risultando, alle volte, persino troppo insistenti per quelli che vengono considerati gli standard giapponesi. In effetti, anche il look è sospetto, che siano gli adescatori di cui si parla anche qui? (*) In Giappone, dal 2007 al 2014 cambiano davvero tante cose: HMV non esiste più, molti negozi e soprattutto molte mode giovanili sono svanite. Nell'Ottobre del 2014 non c'è più alcuna traccia di Ganguro. 
Share on Google Plus

About Andrea Castello

Time traveller, dev, Rory's dad, old surrealist guy from Sardegna, Italia
    Blogger Comment
    Facebook Comment

0 commenti :

Posta un commento