Diari Giapponesi - 4 e 5 Ottobre 2007




Viaggiare da Cagliari è spesso un'odissea.
Il viaggio mio e di mia moglie Federica per il Giappone inizia con una vera levataccia. Sveglia alle 4:30 circa, nessuna colazione (la faremo al bar dell'aeroporto), doccia, controllo bagagli e via, si va.
Un sorta di terrorismo psicologico delle compagnie aeree ti convince ad essere all'aeroporto almeno due ore prima del decollo per sbrigare le pratiche di check in ed imbarco. Noi arriviamo un'ora e quaranta prima: il banco del check in è deserto, consegnamo i bagagli e facciamo un'altrettanto breve coda all'imbarco. Il tempo di salutare un vecchio amico ai metal detector e ci concediamo un (già) sospirato cornetto e cappuccino, dobbiamo attendere un'oretta prima di partire per cui possiamo fare con comodo, prendere la nostra colazione e chiacchierare su quanto siamo emozionati per questa partenza sospirata da anni (almeno 15 per me).
Primo (o secondo) volo del mattino per Linate, in leggero ritardo; va bene, ci siamo abituati. L'euforia poi è a mille!
Arrivati a Linate ci aspetta un'ora e venti del peggior traffico "A4 style"; fortunatamente abbiamo tempo a disposizione prima di prendere il Milano-Tokyo.
Il volo è come ci si aspetta che sia un volo Alitalia di questi tempi: le poltrone sono comode per le prime tre ore, dopo diventano gradualmente un calvario, all'undicesima ora saresti persino disposto a portare sacchi di cemento sulle spalle se quella fosse l'unica possibilità di muoverti e fuggire dall'ennesima replica dei Pirati dei Caraibi sulla TV a circuito chiuso dell'aereo, sempre che funzioni (vero Fede?).




Sono trascorse "solo" 22 ore dalla nostra partenza e finalmente siamo in Giappone!!

Già dal primo impatto con l'aeroporto di Narita si percepisce la notevole differenza con il caos italiano, le code procedono ordinatamente e le indicazioni sono abbastanza chiare e presenti anche in caratteri romani (merito dei mondiali del 2002 scopro poi). Sulle prime, eravamo convinti che orientarci e sbrigare le formalità burocratiche sarebbe stato complesso, ma questo timore si è dissolto abbastanza presto.


Per gli stranieri, prenotare un treno in Giappone prima della partenza richiede qualche passaggio: è necessario acquistare un voucher chiamato Japan Rail Pass, di durata variabile tra una e tre settimane, e dal prezzo che parte da circa 180 euro (variabile a seconda del cambio, oggi favorevole all'euro). Una volta arrivati in Giappone, si deve cambiare il voucher in un ufficio della JR (la "trenitalia" giapponese) per ottenere il Pass vero e proprio, con il quale si può viaggiare su tutti i treni della JR ad esclusione dello Shinkansen Nozomi, il più veloce esistente con i suoi 300 all'ora.



Nota: in Giappone esistono varie compagnie ferroviarie, per cui non date per scontato che ogni treno sia un treno JR. Se vedete il logo che c'è nella foto del pass sopra, allora potete andare sul sicuro.


Ad ogni modo, l'ufficio di cambio voucher della JR sta ad un piano basso dell'aeroporto, poco sopra le piattaforme dei binari del Narita Express (o N'Ex), che conduce a Tokyo in poco meno di un'ora.

Il primo impatto con l'inglese-giapponese (potremo chiamarlo Jaglish per brevità) potrebbe essere peggiore: ci serve un signore sulla sessantina, compito e a schiena ritta, da quale apprendiamo con una certa difficoltà che è possibile cambiare il voucher e prenotare contemporaneamente un posto sul N'ex.

Un signorina sui 30 accanto a lui è più abile con l'inglese e ci spiega qualche dettaglio in più. Possiamo entrare nei treni JR semplicemente mostrando il pass alle barriere d'ingresso delle stazioni agli addetti alla guardiola.

Usciamo dall'ufficio della JR e, decisamente più rilassati, decidiamo di fare colazione (in Giappone sono le 10:30 circa). In Giappone non ci sono bar così come li intendiamo noi, ma piuttosto caffetterie, locali un pò più accoglienti dove non si consuma mai al banco. In ogni caso, la nostra prima colazione è molto poco giapponese. Ci imbattiamo infatti in uno
Starbucks, assurto a fama mondiale negli ultimi anni più per l'ambiente ed i servizi accessori che per ciò che si può consumare.

Fedele al motto: "il caffè di ogni paese ha diritto ad una possibilità", prendo una sorta di mocaccino gigante, dal gusto non certo familiare ma non sgradevole. Il caffè di Starbucks è in genere poco meglio della classica brodaglia statunitense, se ci andate, vi consiglio di più i fantasiosi ibridi di loro invenzione, come il "Frappuccino", una via di mezzo tra frappè (molto) e cappuccino (poco). Lo Starbucks di Narita è piccolo e non molto accogliente, ma arrivati a Kyoto, la musica cambierà. Lì incontramo una ragazza veneta , arrivata in Giappone per un viaggio di quasi un mese (beata lei!!) totalmente all'avventura, ma un pò spaesata. Facciamo insieme la strada fino al binario del N'ex poi ci dividiamo: ognuno ha il suo posto prenotato, non si può entrare in una carrozza a caso, ed il punto di fermata di una carrozza è sempre segnato con precisione sullla banchina.

Qui sotto vedete la zona di confine (si fa per dire) tra l'aeroporto e la stazione, qui si trova lo Starbucks (dovrebbe essere a sinistra dell'inquadratura) e il corridoio che porta all'ufficio JR.


Il N'ex è moderno, ma non rapido come ci si aspetterebbe. Tuttavia non c'è da stupirsi, fa un tragitto abbastanza breve (70 Km circa) e nessuno pare aspettarsi che corra come un fulmine. Scendiamo a Tokyo Station (o Eki, come si trova anche scritto) e cerchiamo il luogo di partenza del treno per Kyoto. Abbiamo un'oretta a disposizione e anche in questo caso non è difficile orientarci: sappiamo che dobbiamo prendere lo shinkansen Hikari, il più vecchio e "lento" con i suoi 200 Kmh di velocità massima (non li tocca mai per la verità), che in due ore e trentacinque minuti copre i 513 Km da Tokyo a Kyoto.

Raggiungiamo Kyoto, verso le 16:30 ed un nuovo scoglio si para davanti a noi: imparare ad usare la metro. Anche qui, molte scritte sono in caratteri romani (ancor più chiare che a Tokyo), ma il metodo di calcolo delle tariffe è abbastanza diverso da quello italiano. Sulle prime, Federica chiede ad un ragazzino delle superiori quanto costa il biglietto per la stazione di Shijo-Karasuma, ma quello sembra bloccarsi come il più classico degli adolescenti dei manga. Ironizziamo sul fatto che una donna occidentale gli abbia chiesto qualcosa; più probabilmente, come molti suoi connazionali, parla molto male l'inglese. Alla fine tentiamo di capirci qualcosa da soli tanto ci hanno avvertito che in caso di errore si può compensare la tariffa a fine corsa in una macchinetta posta accanto alle barriere di uscita.

Notiamo che sulla mappa delle stazioni, in corrispondenza di ciasuna di esse, vi sono due numeri: alla fine capiamo che rappresentano le due possibili tariffe (intera e ridotta) per il tragitto tra la stazione in cui ci si trova e quella scelta come arrivo, coicidenze comprese. Nello specifico, fare le tre stazioni che ci separano dalla nostra ci costa 210 yen (poco più di un euro e 30 al cambio del momento). Arriviamo in pochi minuti al nostro Hotel, il Maruko Inn, appena rinominato in Shijo Court Hotel. E' uno stretto palazzo di una decina di piani, incassato tra due palazzi più alti, ma sembra abbastanza pulito ed accogliente, molto simile allo standard degli hotel occidentali.


Veniamo a sapere che in Giappone tutte le attrazioni turistiche/culturali (tempi, musei, etc.) chiudono alle 16:30, così decidiamo di rinfrescarci con calma e di dedicare la prima serata ai negozi ed allo shopping di oggetti tipicamente giapponesi; in fin dei conti siamo a 50 metri dalla Shijo Dori, la strada commerciale più importante di Kyoto, perchè non approfittarne?


Prima di uscire, però, ho il tempo di imbattermi nella prima delle tante "meraviglie" giapponesi a lungo favoleggiate: il water riscaldato!!! Un'esperienza, vi assicuro, che le vostre natiche ricorderanno per sempre. Ricordo ancora oggi come ho premuto in maniera disperata TUTTI i pulsanti della console di comando (manco parlassimo di un caccia...) senza riuscire in alcun modo a spegnerlo. Come noterete dalla foto, manca il bidet. Lascio alla vostra immaginazione il significato dei simboli "acquatici" posti sulla console del water-enterprise....



Un consiglio: se siete in coppia, quando prenotate prima della partenza, assicuratevi che chi prende la prenotazione abbia capito bene che volete una matrimoniale e non una "twin" o vi ritroverete come noi a passare la prima notte della luna di miele in un letto da una piazza e mezzo.

Usciamo dall'albergo freschi e non molto riposati verso le 18, e facciamo una veloce chiamata a casa per dire che siamo vivi. Qui i nostri bravi SonyEricsson UMTS fanno il loro lavoro funzionando senza intoppi, anche se, non avendo fatto tariffe speciali abbiamo speso un patrimonio (circa 3,5 euro/min). Se volete portarvi il cellulare da casa, assicuratevi che sia UMTS, diversamente non funzioneranno. Preoccupatevi anche di fare qualche tariffa speciale (tipo Vodafone Passport o simili) se non volete prosciugarvi la scheda in poche chiamate. In alternativa potete noleggiare sul posto telefoni Giapponesi e pagare tariffe accessibili; quest'ultima è una possibilità da valutare se avete intenzione di fare molte telefonate.
Ho appena chiuso la telefonata che un vivace scampanellio risuona alle mie spalle. Sulle prime non ci faccio caso, finchè al secondo o terzo trillo Federica mi tira via dal marciapiede, dove sfreccia una signorina in bicicletta. Nonostante Kyoto sia una città grande come Milano, la quantità di biciclette in circolazione è impressionante; neppure a Tokyo ne vedremo tante.

La seconda cosa che salta all'occhio mentre si passaeggia su una qualsiasi strada giapponese sono i taxi: si tratta spesso di vecchie macchine rimesse a nuovo e tirate a lucido, dai sedili addobbati con pizzi e gli autisti in uniforme e guanti bianchi. Ve ne sono persino alcuni che hanno l'insegna a forma di trifoglio o di cuore!! Una corsa può costituire un curioso e simpatico diversivo, ma - siete avvisati - una corsa in taxi può essere molto costosa, dai 14 ai 19 euro per 10 km, pregando di non rimanere bloccati nel traffico. In generale, i mezzi pubblici sono tanto efficienti da non far sentire (quasi) mai il bisogno dei taxi.
Il primo luogo che visitiamo in Shijo Dori è il grande magazzino Daimaru, un megastore multipiano di prestigio somigliante in tutto e per tutto ai grandi magazzini alla francese: al piano terra si trovano il reparto cosmetici ed alcuni stand dedicati a grandi marchi; memorabile il primo abito che abbiamo visto appena entrati, circa 10.000 euro ed è tuo!! Come è naturale aspettarsi, la moda italiana e francese è assai costosa in Giappone, cosa che spiega perchè le donne giapponesi in Italia si tramutano in macchine da shopping compulsivo. Il reparto cosmetici è una colossale sala trucco dove centinaia di ragazze e signore vengono convinte all'acquisto grazie ad elaborate prove di make up. E' stato divertente notare come le truccatrici degli stand evitassero di chiedere a Federica se volesse provare qualcosa; abbiamo immaginato che fosse un po' per la scarsa conoscenza dell'inglese, un po' per la voglia di dedicarsi a persone evidentemente più danarose di noi, un po' perchè insicure nel truccare una pelle ambrata abbastanza diversa dalla loro. Ad ogni buon conto, io mi sono risparmiato una lunga attesa! Alle fashion victim alla lettura, specialmente se under 25, segnalo i profumi ed altri prodotti di bellezza della sino-americana Anna Sui, deliri colorati gettonatissimi tra le giovani giapponesi.

Ai piani superiori dei grandi magazzini (non solo Daimaru) si trovano di solito, abiti e scarpe da donna (primi piani) e da uomo (successivi), infine oggetti per la casa tra cui bellissime scatole in legno laccato e bacchette ornamentali. La sorpresa è arrivata al piano interrato, dove in una sterminata sequenza di stand/bancarelle, facevano bella mostra di sè dolci in quantità, forme e colori tali da rivaleggiare con la migliore pasticceria siciliana, tutto avvolto in decorazioni elaborate e raffinatissime e disponibile per l'assaggio gratuito! Vi assicuro che è possibile, senza accorgersene, trascorrere qualche ora ad assaggiare prelibatezze di Kyoto offerte da gentili signore!

Completamente diversa è l'atmosfera che ci aspetta a pochi metri dall'uscita del Daimaru: entriamo quasi per caso dentro il vicolo coperto Teramachi, un vero e proprio bazar zeppo di negozietti variopinti e straripanti degli oggetti più svariati: bacchette da collezione (da 2 a 400 euro la coppia!), le sneakers locali Dragon Beard, molto amate dai ragazzi, i dolci Wagashi, borse, pupazzetti, campanelle, amuleti, incensi, teruterubozu e strumenti per calligrafia...c'è di che impazzire!! Il tutto, come prevedibile arricchito dalla presenza di gastronomie, caffetterie e ristoranti giapponesi, ma anche italiani e francesi, questi ultimi evitati accuratamente. Alla fine, indecisi ed un pò in soggezione dalle vetrine di alcuni ristoranti, decidiamo di entrare in un posticino piccolo e dall'apprenza casereccia, all'angolo tra Shijo e Teramachi, Mr. Young Men. Scopriamo poi che è segnalato da wikitravel tra i ristoranti economici. Ordiniamo una bottiglia di birra Asahi (praticamente la Heinekenn nipponica), Federica prende una Okonomiyaki ai gamberetti, io della yakisoba con carne e dei takoyaki, tutto letteralmente inondato di salsa di soia cotto sulla piastra poco lontano dal nostro tavolo, come in molti anime o manga che avevamo letto. Se andate in Giappone ricordate una cosa: al ristorante non si ordina l'acqua, l'imbarazzato quanto cortese ragazzo del Mr. Young Men (che verso fine serata si è messo a consumare rumorosamente dei ramen accanto al nostro tavolo), ci ha spiegato che sta ai camerieri riempire d'acqua i bicchieri degli ospiti, si tratta di una cosa compresa nel servizio. Complice la salsa di soia, dolce e piacevole all'inizio, distruttiva alla fine, i tre piatti ordinati sono più che sufficienti; dopo aver pagato la ridicola cifra di circa 16,5 euro, torniamo all'albergo per il meritato riposo.


Siamo in piedi da 35 ore, per vedere il resto (passiamo di fronte ad enormi palazzi con le insegne di Louis Vuitton, della Namco e di altre grandi nomi) ci sarà tempo.



PS: sulla sinistra potete vedere il protagonista dei miei incubi giapponesi: il terribile water riscaldato!!!
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About Andrea Castello

Time traveller, dev, Rory's dad, old surrealist guy from Sardegna, Italia
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